Aquilegia - di Guido Ceronetti - Rusconi
Aquilegia - di Guido Ceronetti - Rusconi
Scorte ridotte: ne restano 1
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EDITORE: Rusconi
- AUTORE: Guido Ceronetti
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1973
1^ edizione.
Pagine 310 - con alcune tavole a colori fuori testo.
Copertina rigida con sovraccoperta.
Libro in buone condizioni ma con pagine un po’ scurite soprattutto ai bordi.
Aquilegia era già, forse, da vivere; perché anche scriverla? Il mestiere, un impegno d’anime, l’hanno voluto. E’ inutile che io predichi il maltusianismo nello scrivere (non meno necessario dell’altro): lo faccio ormai davanti a parecchi volumi innocenti, come Manzoni davanti ai figli sfornati ogni anno dalla povera Henriette, che gli rimproverava la contraddizione. Smania di fare ad ogni costo un libro (anomalo per me: narrativo) da consegnare al cadere dell’inverno all’Editore in vista della portentosa foruncolosi libraria di primavera, stagione delle piogge diluviali dei libri che raccontano storie tristi a chi ne sta vivendo di molto peggiori, posso dire, senza sfregio della Verità, non c’era; l’umile verità è che Aquilegia è nata da un sogno, annotato subito come una terna di numeri perdenti, e poi, trasformata in vago manoscritto tra una Cattedrale e un Caffè, è stata fatta uscire, come qui la vedi, la primavera successiva. Nel frattempo, molte cose accadute e altri sogni, e lo studio costante dei segni, hanno tatuato Aquilegia come il solido petto di un bagnard.
Doveva essere una fiaba: destinata agli adulti, perciò anche ai bambini, per i quali di sconveniente non mi pare esserci proprio niente, eccetto, temo, alcune pause di riflessione e catene di allusioni severe di cui ho preferito caricare il lettore che sgombrare il racconto. Se invece di una fiaba Aquilegia sia, senza averlo preteso o saputo, riuscita altro, i padroni delle definizioni definiranno.
L’autore è stato non poco aiutato a scriverla dalla sollecitudine della persona che ne ha dato l’interpretazione figurativa, oltre che dal fiore di aquilegia, che ha tanti significati quanti la Rosa e la Croce (ma si sottrae meglio all’attenzione dei penetranti) e che, raccolta sulle Alpi dove va scomparendo dopo l’aquila e il falco, muore in un vasetto d’acqua come qualsiasi fiore.
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