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Cavalcaselle in Piemonte. La pittura nei secoli XV e XVI

Cavalcaselle in Piemonte. La pittura nei secoli XV e XVI

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Dettagli prodotto :

  • EDITORE: Centro Studi Piemontesi
  • AUTORE: Guido Curto
  • ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1981

Pagine 87 - con 64 illustrazioni fuori testo.
Copertina morbida.
Libro in più che buone condizioni.

Il metodo di lavoro di Giovan Battista Cavalcaselle rimane ancor oggi esemplare per la preminenza data, nella lettura delle opere d’arte, all’indagine visiva e formale, rispetto ad ogni altra ricerca sussidiaria. Percorrendo in lungo ed in largo l’Italia e visitando le principali collezioni straniere, in occasione degli incontri diretti con le opere, raccolse un corposo materiale di schede, appunti e annotazioni. I suoi taccuini di viaggio sono fitti di disegni tratti dai dipinti studiati e commentati con osservazioni puntuali, per mezzo dei quali l’autore registra, quasi fotograficamente, dati esterni accanto a suggerimenti e intuizioni, su possibili attribuzioni.
Questo ricco materiale di inventario e schedatura, testimonianza diretta e toccante della laboriosa fase preparatoria della History of Painting in North Italy, che il Cavalcaselle pubblicò nel 1871 con il giornalista inglese Crowe, è per gran parte conservato alla Biblioteca Marciana di Venezia. Tra le carte di questa raccolta, che consultai anni addietro, ebbi modo di rintracciare, sulla scorta di una indicazione dello stesso Cavalcaselle, un manoscritto relativo ad un capitolo, rimasto inedito per ragioni sconosciute, della storia della pittura del Quattro e Cinquecento in Piemonte e nel Genovesato. Proposi in seguito lo studio di questo importante dossier, come tema di tesi di laurea a Guido Curto, che ne da ora puntuale trascrizione, corredata da un adeguato commento storico.
Le carte cavalcaselliane relative alla storia della pittura piemontese si collocano cronologicamente, come bene ha ipotizzato il Curto, deducendolo da alcuni elementi interni dello stesso manoscritto, nel periodo di tempo compreso tra il 1868 e il 1870. Il Cavalcaselle, più volte documentato a Torino, in circostanze diverse, tra il 1857 e il 1862, effettuò sicuramente un altro viaggio di studio per una parte del Piemonte, forse poco prima di scrivere la sua opera, che il Curto ricostruisce in maniera suggestiva.
La revisione della storia della pittura in Piemonte da parte del Cavalcaselle, mira innanzi tutto a riesaminare criticamente la questione dei primitivi, così come era stata impostata e affrontata la prima volta dalla storiografia della seconda metà del Settecento: dal Vernazza al Piacenza, dal Della Valle al Lanzi.
L’analisi del Cavalcaselle ha il suo punto centrale nella ricostruzione della figura e dell’attività di Macrino d’Alba, che viene definito « il più valente pittore di queste contrade ». Lo storico mostra tuttavia di sapere superare con molta originalità la visione « panmacriniana» degli eruditi che l’avevano preceduto. Per un verso infatti egli riesamina con molta cura le attribuzioni e l’intero catalogo di Macrino, di cui acutamente rileva i caratteri di stile e di cultura in rapporto con le « scuole » dell’Italia centrale e della Lombardia. Per altro verso fa luce su personalità artistiche e opere pittoriche sia precedenti a Macrino, sia a lui successive. Attraverso questa duplice prospettiva, il « conoscitore » ricupera dapprima alcune zone della pittura gotica piemontese sino a quel momento trascurate: dagli affreschi di S. Antonio di Ranverso a quelli di S. Pietro di Avigliana. Indaga poi con molta attenzione, sensibile ai valori di qualità, sulla « scuola » vercellese, soffermandosi a distinguere l’attività di Defendente, Gerolamo Giovenone e accennando anche a Gaudenzio e a Sodoma, i quali tuttavia rinvia a una trattazione futura su « i pittori lombardi al seguito di Leonardo ».
La recensione di questi artisti e opere piemontesi tra Quattro e Cinquecento è sempre aderente ai testi presi in esame. Le note sulla tecnica, lo stato di conservazione, la descrizione dei colori impiegati nei dipinti, affrontati con taglio ancora positivistico, si accompagnano a stringatissime, ma sempre pregnanti considerazioni sulla peculiarità della « maniera » e dello « stile». E’ evidente tuttavia, come anche in questo capitolo piemontese, l’analisi del Cavalcaselle non si limiti esclusivamente alla ricostruzione di singole individualità, ma punti in definitiva alla ricomposizione unitaria di un quadro strutturale più vasto, nell’ottica di una complessiva storia pittorica italiana, pur articolata nelle sue valenze regionali, quale stava emergendo dalle istanze culturali post-risorgimentali.
Gianni Carlo Sciolla

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