Dalla madia al fuoco del camino. Per non dimenticare la cultura della vecchia e povera cucina biellese
Dalla madia al fuoco del camino. Per non dimenticare la cultura della vecchia e povera cucina biellese
Scorte ridotte: ne restano 1
- ISBN: 9788890017797
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EDITORE: Edizioni Leone & Griffa
- AUTORE: Bianca Rosa Gremmo Zumaglini
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1997
Pagine 185 - illustrazioni in nero.
Copertina morbida con risvolti.
Libro in più che buone condizioni.
La storia della vecchia e povera ma gustosa cucina della nostra terra biellese, raccontata da Bianca Rosa Gremmo Zumaglini. Cucina che ritroviamo con piccole variazioni anche tra un focolare e l’altro, lungo tutto l’arco alpino, con infiltrazioni a raggio verso le altre nazioni europee, come a voler significare che i nostri vecchi sentivano l’unità di questo continente, incominciando dal cibo e dal modo di usarlo al meglio con i pochi prodotti comuni a tutti, o con ingredienti accessibili attraverso scambi sempre fatti con oculatezza, onestà ed un pizzico di diffidenza e di prudenza, per evitare buggeramenti o baratti poco convenienti.
Ritengo sia doveroso non dimenticare la nostra cucina povera dei tempi passati, farla rivivere e trasmetterla ai giovani nel modo più semplice e naturale, ricercando i vecchi modi di cucinare. Non si possono definire ricette, perché quei piatti venivano preparati con gli ingredienti di casa: ortaggi, pollame, uova, salumi, formaggi e frutta, tutto rigorosamente stagionale. Quando ci si ritrovava con abbondanza di carne di pecora, la si conservava in salamoia e poi la si lasciava asciugare all’aria. L’oca veniva salata, rosolata e conservata sotto grasso.
Gli alimenti necessari ma non prodotti in proprio, erano spesso oggetto di scambio.
La vera cucina biellese era semplice e povera, basata su ingredienti agresti. Fra i suoi piatti migliori vi erano ottime minestre che, seguite da un buon pezzo di formaggio e da un bicchiere di vino, bastavano a comporre un pasto, soddisfacendo l’appetito ed anche il piacere della buona tavola.
Quanti buoni piatti sono andati perduti! Un rimedio per ricuperarne c’è: dovremmo prestare più attenzione alle persone anziane, anche a quelle sconosciute. Grazie a Dio, nei paesi del nostro Biellese, quando, passeggiando, si incrociano persone anziane, queste sono le prime a rivolgere il saluto. Se è possibile, oltre a ricambiare il buon di, si dovrebbe cercare di fare una possa (una sosta).
Spesse volte, queste persone non aspettano altro, perché la loro vita solitaria le rende timide, ma bastano poche parole di discreto interessamento circa il luogo dove ci troviamo, la loro vita, il loro passato per arrivare, piano piano, alla cucina. Quasi sempre dicono: «Non ricordo, si mangiava quello che c’era, prima si vendevano i nostri prodotti e poi si cucinava con quello che restava....
Ed è qui che voglio arrivare. Ricordare l’istinto al buon gusto, la fantasia, l’astuzia che usavano per rendere un piatto appetibile con erbe saporite. La fame era tanta, come pure i figli e ci si arrangiava per far sì che la pentola e la padella contenessero cibo sufficiente per tutti. E se qualcuno osava chiedere, guardando nel piatto, «cos’è questo?», la risposta immediata era «mangia ch’a l’e bon». Ed era proprio così.
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