Francesco Giuseppe. Splendore e declino dell'impero asburgico nella vita del suo ultimo grande rappresentante
Francesco Giuseppe. Splendore e declino dell'impero asburgico nella vita del suo ultimo grande rappresentante
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Dettagli prodotto :
- EDITORE: Rizzoli
- AUTORE: Franz Herre
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1979
- COLLANA: Storica Rizzoli
1^ edizione.
Pagine 484 - con 16 pagine di fotografie in bianco e nero fuori testo.
Copertina rigida con sovraccoperta.
Libro in buone condizioni con pagine un pochino scurite.
Raramente nella storia antica e moderna un uomo ha incarnato un’epoca in maniera così emblematica come Francesco Giuseppe; egli è stato il grande rappresentante di un arco di tempo che va dalla restaurazione fino ai languidi e tormentati anni fin de siècle e ai fermenti del primo Novecento.
Monarca autoritario di stile feudale, imperatore sovranazionale nell’epoca delle grandi aspirazioni repubblicane e del nazionalismo, del liberalismo, del primo socialismo, il fascino che esercitano la sua figura e il suo operato sono ancor oggi profondi e duraturi. Franz Herre, in questa sua monumentale biografia, illumina le segrete pieghe dell’animo, le vicissitudini familiari, il carattere prosaico e la politica cangiante di Francesco Giuseppe che, per salvare il passato, non esitò a stringere ibride alleanze con le forze più disparate, decisione politica che condusse all’esplosione finale dell’impero mitteleuropeo, con conseguenze fatali per l’Europa e il mondo.
Dalle note rapinose e inebrianti dei valzer che sigillarono la restaurazione contro la rivoluzione europea del 1848, nell’abbraccio fatale tra l’Imperatore austriaco e lo Zar di Russia, sul sangue di polacchi e magiari, l’Impero durò più di mezzo secolo e passò alle note d’assalto della marcia di Radetzky, sull’onda della quale gli ussari di Francesco Giuseppe durante la Grande guerra tentarono d’arginare a Ovest gli eserciti italiani e francesi e non riuscirono a contrastare a Est le armate russe. Con la caduta della monarchia asburgica, l’Europa passava dalle favole romantiche e dallo splendore crepuscolare, che l’avevano vista protagonista di un’epoca, alla realtà odierna più vasta e complessa del tormentato secolo XX.
L’Impero austro-ungarico, come l’aquila bicipite che ne era lo stemma, racchiudeva in sé profonde contraddizioni: dietro l’augusta facciata di civiltà cristiana stridevano nei vari paesi dominati i ceppi delle galere e dei piombi, mentre la borghesia nascente e i popoli d’Europa affilavano le armi che avrebbero distrutto l’Impero degli Asburgo. Ma, visti in retrospettiva, il liberalismo e il nazionalismo sfrenati d’allora, non si rivelano forse, con il loro egoismo, il particolarismo, il laissez-faire, lo spirito di rivincita pan-germanica, i germi ambigui della dissoluzione dell’Europa e del suo crollo finale tra fascismo e nazismo? L’Impero asburgico può forse apparire allora sotto nuova luce: uno stato sovranazionale che aspirava a unire popoli e nazioni, a frenare la borghesia in ascesa senza schiacciare le classi subalterne, integrando anche la socialdemocrazia nell’esercizio del potere, ad arginare l’espansionismo della Russia, ossia un impero retto da un sovrano a modo suo illuminato, da una burocrazia altera ma onesta, da un apparato militare efficiente e al di sopra delle parti, con uno sviluppo industriale moderato e un’agricoltura florida: un regno mitico e patriarcale la cui leggenda seduce ancor oggi come un grande sogno dell’Ottocento.
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