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Fu tempo nostro - di Giorgina Vicquery e Gianfranco Bini

Fu tempo nostro - di Giorgina Vicquery e Gianfranco Bini

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Dettagli prodotto :
  • EDITORE: Edizioni Virginia - Pero (Milano)
  • AUTORE: Giorgina Vicquery (Testo Di) - Gianfranco Bini (Fotografie Di)
  • ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1983

Fotografie a colori di Gianfranco Bini.
Testo in francese ed italiano.
Libro con copertina rigida in tela con sovraccoperta e cofanetto rigido in tela.
Libro in ottime condizioni.

Dal risvolto di copertina:
Perché questo libro?
Mi trovo qui, in questa stanza dove sono raccolte tutte le mie piccole cose: ricordi d’un passato che avevano la tenacia del domani, la capacità di scavare nel tempo. Erano la nostra sete e ci tenevano uniti, come un chiodo battuto. Su questo vecchio tavolo sento le stanchezze passate che si accumulano. Sento ferite, che piano piano si erano chiuse al loro stesso sigillo, riaprirsi, mordere ancora. Sento l’innocenza ferita, ritrovo un pianto di bimbo che già apre al sorriso gli occhi, neri come i corvi della montagna. Sento le parole che s’arruffano e volano via senza depositarsi: così accade, in certi giorni d’inverno, ai fiocchi di neve, quando il vento li agita troppo.
Perché questo libro?
Perché, per la prima volta, una Regione - tramite il suo Assessore - m’ha chiesto di fare qualcosa. Una mostra: novanta fotografie per illustrare il mio lavoro svolto in montagna, per il restauro di una torre edificata nel Medioevo sui resti di una costruzione romana. lo non amo le mostre; sono spesso l’esaltazione dell’autore, mai degli argomenti da lui esposti. Vorrei dire di no, poi ritornano i miei trent’anni passati tra gli ultimi: i montanari che ho amato, che mi hanno amato.
Molti sono morti, altri lo sono già, dentro. Saprà, questo nostro immoto vento, cogliere la loro voce, e vedere, nella loro morte paziente, un risveglio alla vita?
Saper comprendere questi volti, questi gesti, saperli guardare, non è facile. La nostra stessa fretta può distruggere l’esempio che essi ci propongono.
Dobbiamo ritrovare la volontà di meravigliarci.
Perché questo libro?
lo non ho mai avuto un’eredità, di quelle con l’inventario, il notaio, la carta bollata. La mia eredità sono stati il nonno fotografo, il padre fotografo.
...Se a voltarmi più non ti vedo, chi di noi due manca?... Fare un uomo è facile, ma certe cose che fanno un uomo nessuno le può rifare.
L’uomo della montagna aveva un corpo costruito dalla fatica, modellato da essa: una fatica che durava da secoli.
L’uomo della montagna doveva fare le cose con la resistenza delle cose, per tutta la vita si batteva con esse: col ferro, il legno, la pietra. L’utensile era la sua arma, e si consumavano insieme, con le mani che lo adoperavano.
Quando i suoi campi erano aggrappati al cielo e rifiutavano la terra, quando per dare un tetto ai figli bisognava spremere la roccia l’uomo non adoperava solo le mani, adoperava anche il cervello e tutto il resto, tutto il suo sugo d’uomo. E c’era la gioia del lavoro ben fatto, ed era la gioia dell’artista.
Perché questo libro?
Non bastava la mostra per ricordarli?
La mostra, la scelta delle fotografie, sono state un ritornare, ritornare ad amarli, a soffrire con loro.
Volti già dimenticati: l’ombra si è addormentata sul prato. Questo libro, mentre l’anima ascolta, darà quiete alla memoria, come il vento si consuma nell’odore del fieno caldo di luglio.
É l’alba del giorno dopo.
Gianfranco Bini

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