Il mondo cinese. Dalle prime civiltà alla Repubblica popolare
Il mondo cinese. Dalle prime civiltà alla Repubblica popolare
Esaurito
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EDITORE: Einaudi
- AUTORE: Jacques Gernet
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1978
- COLLANA: Biblioteca di Cultura Storica - n. 134
Pag. 758 - con alcune illustrazioni e cartine in bianco e nero.
Copertina rigida con sovraccoperta (presenta vari segni d’uso e tracce di polvere).
Libro in buone condizioni.
Il libro di Gernet segna un grande passo avanti non soltanto nello studio della civiltà cinese, ma anche nella metodologia storiografica. Gernet è riuscito a dare, in un numero di pagine ragionevole, una visione complessiva della molteplicità dei punti di vista dai quali può essere analizzata la civiltà cinese: da questo intersecarsi di piani emerge la storia globale di una civiltà, specifica e incomparabile alle altre eppure non chiusa a contatti ed interferenze.
Vi è lo spazio cinese, nella sua varietà tra zone ad altissimo insediamento umano e zone semidesertiche, nella sua apertura verso l’Asia sudorientale da un lato, con tutta una serie di millenari rapporti umani ed economici, e verso il mondo delle steppe dal quale vennero per secoli invasioni ed apporti biologici. Vi sono le antiche origini della Cina magica e sciamanica e poi l’emergere di una classe dirigente razionalista: ma dove e quando muore la Cina magica e la sua realtà psicologica e quanto a fondo penetra e si estende la Cina razionalista degli intellettuali?
Vi è la storia economica: ad esempio il rilievo dell’introduzione del ferro e della sua utilizzazione per aprire alla coltura regolare nuovi spazi e dotare gli eserciti di nuove armi. Vi sono le ripercussioni di questa storia economica sugli aspetti più profondi e generali del modo di produzione tipico della Cina, che non è l’inesistente e favoleggiato «modo di produzione asiatico». Ma vi è anche la vita autonoma delle sovrastrutture intellettuali e culturali, il molteplice sovrapporsi della sensibilità confuciana per la concreta e terrestre realtà politica, delle spinte taoiste alla fantasia e all’evasione, del sistematico operare in seno alla classe dirigente della dura visione statalista dei legisti oppure il retaggio delle filosofie apparentemente «perdute», come il complesso pacifismo mohista e le correnti di logica formale. E poi vi sono le notazioni preziose, scontate per lo studioso ma rivelatorie quando attirano l’attenzione su fenomeni troppo superficialmente considerati, come la costante combinazione tra cultura letterario-filosofica e cultura strategica nella classe dirigente cinese, o le conseguenze dell’abbandono della cavalleria come strumento militare sotto i Tang.
Un molteplice quadro politico-culturale-economico che si articola su un lungo arco di secoli, che non perde mai efficacia, mai scende al particolare trito (pur tanto insistentemente posto in primo piano dalle tradizionali storie dinastiche), mai omette il particolare evocatore. Un grande contributo quindi a seguire nella sua evoluzione essenziale una civiltà che non fu né statica né ciclicamente ricorrente ma attraversata da un processo storico continuo, articolato, perfettamente razionale nelle sue forme.
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