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Lettera a un amico ebreo - di Sergio Romano - Longanesi

Lettera a un amico ebreo - di Sergio Romano - Longanesi

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Dettagli prodotto:

  • ISBN: 9788830414563
  • EDITORE: Longanesi & C.
  • AUTORE: Sergio Romano
  • ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1997
  • COLLANA: Il Cammeo - vol. 329

1^ edizione novembre 1997.
Pagine 152 - copertina rigida con sovraccoperta.
Libro in buone condizioni (qualche macchiolina di umidità al bordo superiore).

Nel secolo che ha visto due catastrofiche guerre mondiali, l’ascesa e il tramonto delle ideologie, il crollo di molti «muri», simbolici e reali, vi è un avvenimento - il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale - che si fa col passare del tempo sempre più visibile e ingombrante, al punto di diventare un genere storico permanente, addirittura una categoria della storia. Perché? Per quali ragioni quel passato non riesce a «passare»? Perché, tra i molti genocidi perpetrati nel corso degli ultimi decenni, quello degli ebrei occupa, nell’immaginazione collettiva del mondo occidentale, uno spazio dominante? L’«olocausto» continua a turbare le coscienze e a suscitare l’interesse degli studiosi. Soltanto per senso di colpa? per non dimenticare? Questo libro cerca di rispondere a tali domande: una risposta laica, che si sforza di leggere il passato senza preconcetti ideologici o religiosi. Quando il male raggiunge simili proporzioni, è necessario chiedersi quale clima storico e quali condizioni lo abbiano reso possibile. Non per condannare o assolvere, né tantomeno per giustificare, ma più semplicemente per comprendere. Sergio Romano riapre il libro del passato per capire il presente, passando in rassegna uomini, fermenti e idee che lungo il cammino della storia europea hanno alimentato da una parte il morbo sottile e devastante dell’antisemitismo, del razzismo, dall’altra la nascita del sionismo e, più tardi, dello Stato d’lsraele. Dal sogno di Theodor Herzl fino a Begin e Rabin, dalla realtà secolare dei ghetti al problema palestinese, dall’ebreo errante alla cosiddetta internazionale ebraica, Romano affonda con acuta capacità di sintesi il proprio bisturi nella carne viva dei conti in sospeso con la storia, analizzando la differenza tra antisemitismo e giudeofobia, la tragedia della «soluzione finale» nazista e le guerre arabo-israeliane, i controversi rapporti del mondo ebraico con la Sinistra e la Chiesa cattolica. Ma lo fa senza distribuire verdetti morali e, soprattutto, senza imboccare comode scorciatoie, anzi ponendo a sua volta domande talvolta, almeno in apparenza, sgradevoli e imbarazzanti. Perché il rischio di un nuovo antisemitismo è proprio nell’aspirazione di certo ebraismo intransigente a confiscare la storia, a vedere nell’«olocausto» non soltanto il male nella storia, ma «la manifestazione più vistosa di una colpa - l’antisemitismo - mai sufficientemente espiata». Non bisogna canonizzare il genocidio, né esso può garantire a Israele «una sorta di franchigia morale ». E non serve darne un’interpretazione metastorica, proprio per evitare che la notte della storia e il sonno della ragione generino altri mostri.

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