Marzo è il mese più crudele - De Donato Editore
Marzo è il mese più crudele - De Donato Editore
Scorte ridotte: ne restano 1
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EDITORE: De Donato Editore
- AUTORE: Francesco Burdin
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1973
Pagine 523 - copertina rigida con sovraccoperta.
Libro in buone condizioni con pagine parecchio scurite soprattutto verso i bordi e piccolo strappo di circa 8 millimetri al piatto nell’angolo in alto a sinistra.
«L’elaborazione di questo mio romanzo si è protratta per un ventennio. Prima di assumere la sua eliotiana intitolazione ha conservato per molto tempo una identità avventizia, Libertas, da libro prima che da libero, che rispecchiava una impertinente diversificazione delle modalità di scrittura e la pluralità dei materiali confluiti a comporne l’architettura, con una attenzione rivolta alle esperienze che si sono succedute nell’isola della narrativa nell’arco degli ultimi cinquant’anni, id est da quando sull’abbecedario ho principiato a occuparmi di letteratura...»
La lunga, paziente sedimentazione ricordata dall’autore dà la misura di quanto profondamente stratificata sia la geologia dell’ opera, di quanto sconvolta (e poi pacificata) sia la morfologia del suo territorio. Un territorio che somiglia piuttosto a un continente dalle grandi e si direbbe autonome diramazioni peninsulari, solcato da acque furibonde, minacciato continuamente da tremendi uragani.
Certo, anche quella di Burdin, è, come il titolo insinua, una waste land negata alla salvezza: ma ciò che distingue senza equivoci l’ottica dello scrittore triestino da quella di Eliot e di tanta letteratura della disperazione rassegnata, da Spender a Auden, è da un lato la sfiducia in tutte le metafisiche e in tutti gli spiritualismi, dall’ altro il complicato, contraddittorio (ma comunque costante) rapporto con la storia. Un rapporto obliquo, capace di aggredire a molti livelli la Gran Bestia, dalla cronaca di costume alla cronaca politica, centrando lo sguardo sull’asse di alcuni destini individuali. Il risultato è di allucinante potenza. In un mondo corrotto ciò che conserva ancora un’energia produttiva è il Carcinoma Sociale, ma quel che esso produce è la morte. Il continente attraversato in lungo e in largo dallo scrittore con la magistrale esperienza di un esploratore che da anni batte le stesse impraticabili piste, con una specie di mania solitaria e accanitamente intransigente, è un continente deserto. Tutti coloro che vi sopravvivono, in un seguito di riti delittuosi e di segrete perversioni del comportamento e della mente, portano nei tratti deformazioni spettrali. L’angosciosa inchiesta del narratore assume, così, il colore di una riesumazione, si dispone come un disperato catalogo mortuario. L’occhio di Burdin rimane implacabilmente asciutto, nella severità e nell’ironia: egli affida il suo torvo museo delle
cere al giudizio del lettore. Ecco, a questo punto si inizia l’invito al viaggio nel suo continente stravolto. E bisognerà attrezzarsi energicamente per intraprenderlo, perché non sarà certo un viaggio di piacere.
M. L.
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