Ventimila anni sotto i mari. L’epopea dell’uomo nel continente azzurro

Dettagli prodotto :

• ISBN: 9788899742232
• EDITORE: Stato Maggiore Della Difesa Ufficio Storico
  
• AUTORE: Flavio Russo
• ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2020

Pagine 201 - fotografie ed illustrazioni sia a colori che in bianco e nero.
Copertina rigida.
Libro in ottime condizioni.

Dalla presentazione:
Parafrasando il titolo di un noto romanzo di Jules Verne, che si dipana in un viaggio sottomarino lungo 20.000 leghe, l’autore ha immaginato un analogo itinerario cronologico protrattosi per gli oltre 20.000 anni nel corso dei quali si evolse la conquista umana delle profondità marine. Tappe fondamentali della vicenda furono l’affrancamento progressivo dai suoi due più rigidi limiti ambientali: la mancanza d’aria e la morsa della pressione.
A spingere verso i fondali marini giocarono i supposti tesori celati e gelosamente custoditi sui fondali, fossero il carico di navi naufragate o fossero ricchezze naturali quali perle, coralli, bisso e minerali vari. Per potersene appropriare in maniera remunerativa occorreva, tuttavia, incrementare la durata delle immersioni e la loro profondità. Non estraneo alla sfida, anzi forse rappresentandone la sua più potente spinta, fu anche l’interesse militare, con i suoi suggestivi scenari di guerra insidiosa, temibile antitesi alla guerra sulla superfice del mare condotta da flotte di anno in anno più numerose e potenti.
Il taglio delle gomene delle ancore costituì la prima manifestazione della nuova attività bellica subacquea, alla quale fecero seguito gli sfondamenti delle carene e la reiterata violazione dei blocchi navali. Quanto alle soluzioni escogitate per restare più a lungo sott’acqua si andò da un antesignano snorkel, una cannuccia cava fatta sporgere sul pelo dell’acqua, a un otre d’aria, forse sull’esempio di un singolare ragno acquatico, che garantivano rispettivamente di restare a lungo nascosti nell’acqua o pochi minuti più in basso. L’otre caprino rigonfio anticipò le moderne bombole e la sua deformazione provocata dalla pressione dell’acqua, il secondo stadio di un attuale erogatore di un autorespiratore subacqueo.
Non bastando l’impiego a mo’ di campana di otri e grossi vasi bronzo, a loro volta precursori del casco da palombaro, fu presto chiaro che occorreva racchiudere l’intero corpo in una sorta di esoscheletro impermeabile, trasformando l’uomo in uno scafo: skaphe andros! Dispositivo che da personale si adattò presto a gruppi di avventurosi che andranno di lì a breve a formare gli equipaggi di quelle strane macchine capaci di affondare e riemergere. Tra le più remote e leggendarie esperienze la campana nella quale si immerse Alessandro Magno, forse concepita da Aristotele, e i tanti velleitari sommergibili spesso trasformatisi in bare per i loro ardimentosi sperimentatori. Fu solo con la scoperta dell’elettricità che le deficienze del sommergibile trovarono corretta soluzione avvantaggiandosi, quasi a conferma della stretta affinità con l’aereo, dell’elica per la propulsione e degli impennaggi, ovvero di timoni di direzione e di quota.
L’avvento della propulsione nucleare affranco definitivamente dalla necessità di emergere per respirare come i grandi cetacei. La permanenza a tempo indeterminato sui fondali era a quel punto conseguita, lasciando ancora per inevasa quella della discesa alle massime profondità che solo nel secondo dopoguerra con più coriacei batiscafi finalmente trovò attuazione, ponendo sempre più in là il confine della sfida umana alle profondità marine.
Col. Massimo Bettini
Capo Ufficio Storico dello Stato Maggiore Difesa