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Alessandro Manzoni nelle sue lettere - Federico Motta Editore

Alessandro Manzoni nelle sue lettere - Federico Motta Editore

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Dettagli prodotto:

  • EDITORE: Federico Motta Editore
  • AUTORE: Guido Bezzola (scelta E Commento)
  • ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1985

Pagine 212 - fotografie ed illustrazioni a colori ed in bianco e nero.
Copertina rigida con sovraccoperta (due strappi al dorso, al bordo superiore ed inferiore, riparati con nastro trasparente).
Libro in buone condizioni.

Dall’introduzione:
In tanta copia di scritti sul Manzoni, sovente (bisogna pur dirlo) inutili o quasi per motivi diversi, dalla tenuità degli argomenti e del valore di chi li trattava, ai preconcetti ideologici talora addirittura feroci che ispirano gli autori, in tanta copia dunque è curioso come sia sempre mancata una trattazione globale sulle lettere del Manzoni.
Non mancherebbero, a dire il vero, giustificazioni anche valide, prima fra tutte che l’edizione completa dell’epistolario (non del carteggio) manzoniano si è avuta solo nel 1970, ma è anche vero che l’epistolario foscoliano, celeberrimo, è ancora in corso nell’edizione nazionale, e cito un esempio solo fra i molti che si potrebbero fare. Insomma, dare un giudizio sul Manzoni epistolografo o, se vogliamo dirla più semplicemente, scrittore di lettere, è molto difficile, il che poi non dovrebbe meravigliare troppo dato che il Manzoni è sempre difficile.
Fra i grandi classici nostri, i maggiori autori di lettere sono tradizionalmente considerati il Tasso, il Foscolo e il Leopardi (s’intende che lascio da parte parecchi altri che meriterebbero un ricordo anche solo per le lettere, a cominciare da Fulvio Testi). Il Manzoni sta un po’ a sè, e a pensarci bene il fatto sembra esplicabile almeno nelle sue linee generali: Tasso, Foscolo e Leopardi vissero poco mentre il Manzoni ebbe un’esistenza di ottantotto anni, il che può o potrebbe spiegare certe stanchezze, certi ripiegamenti che chi muore a cinquant’anni o prima non conosce o non dovrebbe conoscere. I tre autori citati, inoltre, sono più portati alla confessione, all’abbandono (così dice la tradizione) e il Manzoni meno, il che teoricamente rende meno interessanti le lettere.
Le cose, a dire il vero, stanno diversamente: chi ha pratica dei testi manzoniani sa bene quanto problematici essi siano, in funzione della complessità straordinaria dell’animo dell’autore. Leggere una volta il Manzoni non serve, o serve poco: occorre rileggerlo, meditarlo, badare ai termini, alle sfumature, alle cose non dette oltre che a quelle dette, e anche allora bisognerà procedere con cautela.
Innanzi tutto, non è vero che il Manzoni non si confessi: la parte dell’epistolario anteriore alla conversione è apertissima, vivissima, fin troppo in qualche momento, sulla linea della produzione letteraria stessa del Manzoni fino al 1809. Più tardi, si sa, le cose cambieranno, ma le vicende biografiche influiranno potentemente su quel cambiamento, in parecchi punti più apparente che reale: nel Manzoni dopo la conversione, come in padre Cristoforo, l’uomo vecchio e l’uomo nuovo - per certi aspetti s’intende - convivono, e ogni tanto l’uomo vecchio si riaffaccia.
Certo, nell’epistolario del Manzoni mancano le lettere d’amore che rendono famoso quello del Foscolo (e che non si trovano nemmeno nel Tasso e nel Leopardi) ma mi rifiuto di credere che senza lettere d’amore un epistolario non stia in piedi (chi ha scritto lettere d’amore, artista o no, se ha buon gusto farebbe bene a ricercarle e, riavutele, a bruciarle tutte). Non è però che al mondo manchino altri temi, anche più importanti o almeno altrettanto importanti quanto l’amore (rammento qui la memorabile pagina del Fermo e Lucia in cui si dice che di amore ce n’è in giro fin troppo e se ne parla fin troppo). In tal modo sarà abbastanza facile constatare la grandissima importanza e varietà degli argomenti trattati dal Manzoni, e trattati in modo maestro, così da porre l’epistolario fra le opere maggiori del Manzoni maggiore, e per tutta la sua estensione e durata.

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