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Alle porte dell’inferno. Il Tarvisiano e i suoi dintorni nella tormenta nazista

Alle porte dell’inferno. Il Tarvisiano e i suoi dintorni nella tormenta nazista

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Dettagli prodotto :

  • EDITORE: Centro Culturale D’informazione Sociale Voce Della Montagna - Tarvisio
  • AUTORE: Antonio Russo
  • ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1993

Pagine 298 - fotografie in nero.
Copertina rigida.
Libro in buone condizioni (un paio di macchioline di umidità nel retro copertina e nella prima pagina, segno di un’etichetta rimossa nella terza di copertina).

Presentazione di Alfredo Berzanti, al tempo della Resistenza Paolo, delegato politico della Brigata Osoppo-Friuli:
«Alle porte dell’inferno» è il commovente racconto - lo indica il titolo stesso - di dolorosi avvenimenti, che, come tante altre tragedie umane, rientrano nel contesto e formano, purtroppo, i contorni drammatici dell’ultima guerra mondiale. Il periodo, preso in esame dall’Autore, è quello che va dall’8 settembre 1943 al 15 settembre 1947, e cioè dalla data dell’Armistizio, che avrebbe dovuto segnare il ritiro dell’Italia dal conflitto allora in corso, a quella di ratifica del Trattato di pace di Parigi. Il territorio, cui si riferisce l’indagine, è costituito dall’estremo lembo nord-orientale del nostro paese, e precisamente dalla zona del Tarvisiano e della Valle del Fella, punto d’incontro e, in questo caso, specialmente di scontro di tre diverse nazionalità: l’italiana, la tedesca, la slava. Ho detto racconto, ma forse avrei fatto meglio a parlare di vera e propria cronaca, tanto, in effetti, è minuziosa la descrizione dei fatti, riportati con meticoloso scrupolo, quasi sotto forma di proceso verbale. Ciò non esclude, tuttavia, che nel testo, tutto impregnato, d’altronde, di forti vibrazioni ideali, s’incontrino spessissimo squarci di autentico, intenso valore poetico. Qua e là, ci si può anche imbattere - è vero - in considerazioni personali dell’Autore, che per il loro carattere di soggettività, sono ovviamente opinabili; ma queste non inficiano mai l’assoluta fedeltà della cronaca, frutto di una paziente e competente ricerca, eseguita con professionalità, stile e metodo giornalistici, sempre e comunque nel pieno rispetto della verità. Questa regola vale per tutta la miriade di episodi, che vi sono narrati: per la chiara comprensione dei quali bisogna, peraltro, tener presente che si tratta di fatti che accadono nell’ambito di una situazione locale, sottoposta, in quel periodo, a radicali capovolgimenti. In un primo tempo, infatti, la zona è terra di invasione dell’esercito tedesco, alla stessa stregua di quasi tutto il resto d’Italia dopo l’8 settembre 43. Ma di lì a breve, con la costituzione da parte della Germania del Litorale Adriatico, quel territorio, in quanto compreso in detto Litorale, cessa, di fatto, di appartenere allo Stato Italiano, e diventa praticamente un’appendice del Terzo Reich. Infine, quando ormai la guerra è alla fase conclusiva e le forze armate Alleate raggiungono anche questa zona di frontiera, il territorio, di cui trattasi, su cui pesano, in particolare, le rivendicazioni della Jugoslavia del Maresciallo Tito, passa sotto occupazione militare alleata (inglese e americana), in attesa che il Trattato di pace ne ristabilisca la sorte definitiva. Naturalmente, l’Autore si fa doveroso carico di spiegare questa complessa situazione; e si preoccupa, altresì, di riferire i fatti localmente avvenuti, operandone sempre l’inserimento, non solo nel quadro di quanto sta allora accadendo nel resto della regione e particolarmente in Friuli, ma, pure, nel più ampio panorama degli eventi, che riguardano l’andamento della guerra ed i suoi protagonisti. Ed è proprio questo riferimento più generale, che può aiutarci a capire, non certo a giustificare, i singoli episodi di efferatezza umana riportati nel libro, fra i quali alcuni colpiscono in modo del tutto particolare. E sono, per esempio: l’esecuzione a Pontebba, per ordine di un feroce tenente delle SS, di un certo operaio delle ferrovie, l’incendio delle case della frazione di Bretto di Sopra e la fucilazione di una parte dei suoi abitanti, quale atto di ritorsione dei tedeschi per i sabotaggi, effettuati alla miniera di Cave del Predil da partigiani sloveni, il proditorio sequestro, attuato da questi con l’inganno, dei dodici carabinieri di guardia alla centrale idroelettrica di Bretto di Sotto ed il loro brutale massacro alla malga Bala; la deportazione da Cave del Predil, sempre ad opera di partigiani titini, di una cinquantina di persone, fra minatori, ed altri, aventi la sola colpa di essere italiani....
Le parole che quel sacerdote sloveno rivolge ai suoi ragazzi, condotti, a guerra finita, in pellegrinaggio di preghiera sul luogo del barbaro eccidio dei carabinieri alla malga Bala, sono, in effetti, un monito solenne rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, affinchè, accogliendo, finalmente, l’esortazione evangelica, non si stanchino mai di combattere la battaglia ideale per una convivenza umana, fondata davvero sull’Amore.
Udine, luglio 1993 

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