Fanshen. Un villaggio cinese nella rivoluzione - Einaudi
Fanshen. Un villaggio cinese nella rivoluzione - Einaudi
Scorte ridotte: ne restano 1
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EDITORE: Einaudi
- AUTORE: William Hinton
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1969
- COLLANA: Saggi
Pag. 614 - Copertina rigida con sovraccoperta (abbastanza rovinata ai bordi e con tracce di polvere; timbro rotondo « volume di seconda scelta » al retro; lo stesso timbro è presente nella quarta pagina dopo la copertina).
Libro, sovraccoperta a parte, comunque in buone condizioni.
William Hinton poté cominciare a scrivere Fanshen soltanto dieci anni dopo aver seguito giorno per giorno gli sviluppi della rivoluzione contadina nel villaggio di Lungo Arco. Egli vi partecipò nel 1948, per sei mesi, vivendo con i quadri che dirigevano la riforma agraria e i contadini che la vivevano e la creavano giorno dopo giorno. Tornò negli Stati Uniti nel 1953, per vedersi confiscare dalla dogana tutti gli appunti nei quali era, raccolta la storia di Lungo Arco e del Fanshen, cioè del sommovimento totale, della rivoluzione. Gli occorsero anni di battaglie legali prima contro la dogana, poi contro il comitato senatoriale per la sicurezza interna, presieduto dal senatore Eastland, per tornare in possesso del materiale e cominciare a scrivere il suo libro.
Il lungo intervallo di tempo intercorso tra i fatti e la relazione scrupolosa di essi non ha tuttavia fatto invecchiare Fanshen, un libro che si iscrive tra i migliori esempi del migliore giornalismo americano. Esso conserva una freschezza che pochi altri libri sulla Cina o sulle rivoluzioni contadine hanno, e che deriva non solo dall’onestà con la quale Hinton ha affrontato il problema generale della riforma agraria, ma piuttosto dalla umiltà con la quale, postosi totalmente al loro stesso livello, egli ha affrontato il problema di ogni singolo contadino, di ogni singolo quadro politico, e del loro ingresso, presi singolarmente e come massa, in un mondo del tutto nuovo.
Nella storia tumultuosa ed esaltante di Lungo Arco, Hinton ha colto ciò che era universalmente applicabile alla Cina e al suo futuro, ed alla esperienza di altri popoli, per i quali la terra costituisca ancor oggi la principale risorsa.
La freschezza dell’opera si spiega così con la grande attualità dell’esperienza che in essa viene narrata, cioè la partecipazione totale delle masse contadine al modellamento del loro futuro, alla attuazione delle scelte fondamentali della rivoluzione. Una esperienza che rimane valida attraverso tutti i più importanti episodi della storia recente della Cina, i successivi passaggi alla cooperazione nelle campagne, alla creazione delle Comuni, e al «grande balzo» del 1958. Movimenti, questi, di cui molti si affrettarono a proclamare il fallimento prendendo solo in conto cifre e dati a formulare i quali concorrevano molti fattori diversi ed estranei, ed ignorando invece altri dati meno palpabili e misurabili, ma a lunga scadenza ben più importanti: il senso di partecipazione e la mobilitazione individuali, la scoperta di poter fare qualcosa che mai era stato fatto prima e che si riteneva impossibile poter fare, fino alla rivoluzione culturale.
In questo senso Fanshen costituisce una utile testimonianza, una utile materia di riflessione, anche là dove Hinton fotografa quelli che più tardi dovevano essere conosciuti come gli elementi fondamentali della «lotta tra le due vie» nel partito comunista cinese: in altre parole la lotta permanente tra la concezione del partito e della sua funzione, e della funzione delle masse, propria di Mao Tse-Tung, e quella di Liu Shao-chi, che in Fanshen viene spesso citato.
Emilio Sarzi Amadè
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