Gente di Vigevano. Il calzolaio, il maestro, il meridionale e altri celebri personaggi della saga di Vigevano
Gente di Vigevano. Il calzolaio, il maestro, il meridionale e altri celebri personaggi della saga di Vigevano
Esaurito
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EDITORE: Rizzoli
- AUTORE: Lucio Mastronardi
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1977
1^ edizione maggio 1977.
Pag. 397 - Copertina rigida con sovraccoperta (piccola piega al piatto in basso a sinistra).
Libro in più che buone condizioni.
Dalla Prefazione di Sergio Pautasso:
... Le radici di Mastronardi allignano tutte nella nostra tradizione, che egli non snatura con innesti azzardati e devianti. La rabbia e l’ossessione con cui il suo calzolaio vuole a ogni costo diventare un padrone, ha tutta l’aria di avere una matrice verghiana; il maestro Mombelli e i suoi colleghi appartengono inconfondibilmente alla categoria dei travet nostrani; e il meridionale che arriva a Vigevano carico di speranze e illusioni, non ha nulla del provinciale balzacchiano che sbarca a Parigi.
Se Mastronardi è riuscito a costruire quella che può essere definita una commedia umana, l’ha fatto con materiali suoi, i soli, del resto, di cui poteva disporre: gli insignificanti, sotto il profilo epico-storico, avvenimenti quotidiani di un piccolo centro provinciale come Vigevano, senza grandi sfondi (salvo la Piazza, una sorta di palcoscenico dove tutti recitano la loro parte ed esibiscono le proprie credenziali sociali), animato da una popolazione eterogenea, sotto tutti i punti di vista, ma comunemente ossessionata dal mito del danaro e dominata dal feticcio della scarpa. Non possedendo le qualità di fondo del grande romanziere che con questo materiale sociale e umano costruisce cattedrali, ma essendo dotato, come tutti i moralisti, di una capacità di segno breve, eppure netto e incisivo, Mastronardi non s’imbarca per grandi viaggi (significativo il caso dell’industrialotto che usa la Maserati solo per fare i cinquecento metri che separano casa sua dal bar sulla Piazza), né dialoga con personaggi destinati all’eternità.
Delimitati i confini del proprio orizzonte, lo sguardo ironico di Mastronardi si appunta allora non su possibili personaggi, ma piuttosto su dei tipi che abbiano una carica di esemplarità e siano portatori anche nel tempo, e quindi in condizioni storiche e sociali diverse, di una stessa idea fissa. L’ossessione di metter su una fabbrichetta, per esempio, è identica sia nel Calzolaio che, nella parte iniziale, ci riporta agli anni del fascismo, sia nel Maestro e nel Meridionale che riflettono invece la follia economica degli anni Sessanta. Tutti, protagonisti e comprimari, sono contagiati da questa smania industrialesca: pur di avere la fabbrica si fa di tutto, il lecito e anche l’illecito se occorre; si passa sopra a tutto, famiglia, intimità, amori; tutti i posti, scantinati, stamberghe, camere da letto, cessi sono buoni per impiantare un piccolo laboratorio destinato a ingrandirsi e, come le rane, a scoppiare; infine, tutti, donne, bambini, vecchi, sono buoni per tagliare, cucire, montare, lucidare le scarpe di Vigevano.
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