Sotto un tetto di lòse - di Gianfranco Bini - Ediz. Lassù gli ultimi - 1994
Sotto un tetto di lòse - di Gianfranco Bini - Ediz. Lassù gli ultimi - 1994
Scorte ridotte: ne restano 1
Dettagli prodotto :
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EDITORE: Edizioni Lassù Gli Ultimi
- AUTORE: Giuseppina Fiorina Simonetti ( Testo Di ) - Fotografie Di Gianfranco Bini E Giuseppe Simonetti
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1994
Pagine 154 - fotografie a colori.
Copertina rigida in tela, cofanetto.
Libro in ottime condizioni.
Lòse: è superfluo il glossario per tradurre questo vocabolo ai Biellesi anche solo italofoni. Ed è naturale che - come per molti altri - un termine identico, lauses, sia usato in Francia per designare le lastre di micascisto che coprono i tetti delle baite, di qua e di là delle Alpi Occidentali. È una stessa cultura, una comune necessità di servirsi del poco a disposizione in luoghi impervi: e che lavoro di martelli, agli inizi, per ridurre lo sfasciume dei colatoi in lastre - dalla vaga forma di squame - da inchiodare sui listelli. Attorno all’ala principale se ne dipanano altre laterali più piccole per la stalla, il deposito; perfino il fraidél seminterrato - costruito sul rigagnolo della sorgente - in cui vengono conservati al fresco latte, burro e panna, ha il suo tetto di lòse, ed accanto protendono la chioma in un abbraccio verde e ombroso un sorbo, tumél, o un acero montano, pièiu. Quei tetti di argento brunito, qua e là spruzzati di lichene, non mi stancavo di guardarli alle prime salite, con una distorsione estetica che m’impediva di decifrarne la complessità. E una sera uscì dalla baita una donna per il pascolo. Smesso di gridare alle mucche, al cane, mi disse con ruvida pazienza: «Sì, belli i tetti di lòse: ma è sotto che bisogna provare a vivere, per tre mesi di fila!» Fu l’inizio della rilettura di un itinerario fino ad allora appena abbozzato. È Henry Miller a suggerire: «La nostra destinazione, il viaggio, non è un luogo ma un nuovo modo di vedere le cose». Quell’itinerario vorrei ora proporre in scarni accenni, poco più di maldestre pennellate, a chi della vita d’alpeggio non ha che qualche impressione, bucolica o sgradevole. Gli alpeggi fotografati, i loro conduttori, non sono che i rappresentanti dei molti che seguono tuttora il mestiere dei padri. Soli nella loro piega di monte, afflitti spesso dalla nebbia o dalla siccità, sognano il mare d’erbe fiorite dei pascoli valdostani rinvigoriti dall’alito dei ghiacciai, le stalle con centinaia di capi, i depositi dove si accumulano le larghe forme solari delle fontine. Essi hanno i loro crotin” e là maturano le tome, accudite con puntigliosa perizia. Quei piccoli formaggi brunastri godono ormai di un ampio consenso e non temono quasi la concorrenza delle più nobili cugine....
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