Strada sdrucciolevole - di Max Von Der Grun
Strada sdrucciolevole - di Max Von Der Grun
Scorte ridotte: ne restano 1
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EDITORE: Einaudi
- AUTORE: Max Von Der Grun
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1977
Pagine 280 - copertina morbida (con lievi tracce di polvere).
Libro in buone condizioni.
«Sempre mal vista e anatemizzata anche da molta sinistra, la letteratura operaia è dura a morire. Le ragioni della condanna possono essere molte e valide ed esse sembrano confermate dall’esperienza, che è una conferma decisiva, poiché, come dice il detto inglese caro ad Engels, la prova del pudding sta nel mangiarlo. Il pudding della letteratura operaia non ha buon sapore. Resta il fatto che la classe operaia esiste e che nessuno ne contesta l’importanza... E resta il fatto che nella produzione letteraria occidentale, almeno quantitativamente gigantesca, non se ne parla quasi mai. In questo romanzo se ne parla».
E se ne parla con cognizione di causa. Ad onta del nome aristocratico, Max von der Grün (nato a Bayreuth nel 1926) era operaio minatore e figlio di operai. Nel 1961, cioè nel momento del miracolo economico e della massima depressione del movimento operaio, ha fondato il «Gruppo 61», che si proponeva compiti di documentazione al di fuori di ogni ipoteca ideologica o partitica. Per Grün, « chi non è capace di rappresentare sensibilmente il mondo del lavoro favorisce solo un dubbio dogmatismo ».
«Strada sdrucciolevole», apparso nel 1973, è il quarto romanzo di Grün, e anche il suo migliore. A differenza degli schemi del realismo socialista, il protagonista Karl Maiwald non è un eroe positivo, ma un uomo come tanti: ex camionista, malato, insoddisfatto della sua vita privata, a disagio in una nuova, anonima attività lavorativa, prigioniero dei traguardi del benessere, ha per solo amico qualche immigrato (come l’italiano Angelo Pinola, accusato del delitto che apre il libro con cadenze «gialle») e, in fondo, una sola meta: la ricerca della solidarietà. La lotta di classe non è più uno scontro frontale, ma una catena di piccole sopraffazioni o di adescamenti che cercano di soffocare o di comperare ogni voce dissidente. Il potere è anonimo e onnipresente come i microfoni che la ditta di Maiwald ha disposto dappertutto per spiare i discorsi degli operai, ma pochi sono disposti a battersi per difendere la loro dignità.
Lo stile disadorno di Grün, costruito a brevi periodi, non mima la reale parlata operaia, ma riflette l’aridità e la precarietà dei rapporti sociali, con procedimenti abbastanza vicini a certe tecniche della letteratura d’avanguardia. Non a caso il romanzo, attaccato dalla destra padronale e dalla sinistra sindacale, è stato lodato anche da scrittori raffinati, che hanno addirittura anteposto Grün a Böll e a Grass, vedendo in lui l’indicazione della «via degli anni Ottanta» che porrebbe fine alla sfiducia nella letteratura propria del «radicalismo piccolo-borghese».
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