Uccelli d’America - di Mary Mccarthy - Mondadori
Uccelli d’America - di Mary Mccarthy - Mondadori
Scorte ridotte: ne restano 1
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EDITORE: Mondadori
- AUTORE: Mary Mccarthy
- ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1972
- COLLANA: Scrittori italiani e stranieri
1^ edizione.
Pagine 374 - copertina rigida con sovraccoperta (con lievi segni d’uso).
Libro in buone condizioni con pagine un pochino scurite.
Peter Levi, il protagonista di Uccelli d’America di Mary McCarthy, non nasconde fin dall’inizio al lettore la propria dimensione emblematica. Figlio d’un ebreo italiano antifascista rifugiatosi negli Stati Uniti e di una cristiana americana discendente dei primi coloni e specialista di musica rinascimentale, attivista mancato nella campagna per i Diritti Civili ai negri, studente di lingue romanze, cultore della Natura, ateo seguace dell’etica kantiana, ammiratore di Borromini e Michelangelo, vergine a diciannove anni, educato da tre diversi padri, è deciso a scoprire la propria identità e a mettere ordine nel pianeta terra con le sole armi della riflessione, della ragione e del candore. Lo vediamo così, nell’autunno del 1964, alla vigilia delle elezioni presidenziali che vedono di fronte Johnson e Goldwater, recarsi a Parigi per un anno di studi all’estero. Egli porta con sé tre amori; per la Natura, per l’America e per sua madre; e la storia della sua avventura europea, che è la storia della sua maturazione intellettuale, sarà anche la storia della parabola di nostalgia, crisi e morte di questi tre amori in lui. L’amore per l’America si trasformerà in odio con la caduta delle prime bombe americane sul Vietnam del Nord; l’amore per la Natura mostrerà il proprio nonsenso quando Peter, ferito da un cigno nero, come un personaggio mitologico, vedrà nel delirio il suo maestro Kant rivelargli, approfondendo la frase di Nietzsche, Dio è morto, il suo messaggio ultimo, che la Natura è morta, bambino mio; e l’amore infine per sua madre finirà insieme con l’autorità di lei su di lui: una rottura anch’essa politica. Ma Uccelli d’America non è un romanzo politico in senso stretto; piuttosto, come è stato detto, è un Bildungsroman, il racconto di un itinerario psicologico lungo il quale una giovane coscienza affronta, insieme, per gradi, le proprie contraddizioni e quelle della società. Peter Levi è uno dei tanti uccelli americani che migrano per una stagione in Europa, che sarà sempre comunque una stagione nel limbo, in purgatorio o in paradiso, poiché l’unica autentica stagione all’inferno sarà loro riservata nel crogiuolo della nativa America. Durante le sue migrazioni in Francia e in Italia Peter incontrerà naturalmente diversi padri e Pangloss putativi (un antifascista ebreo italiano emigrato a Parigi, un sociologo americano che vuole scoprire le leggi della società mobile creata dal turismo), i quali sempre lo costringeranno attraverso la discussione critica a una sgradevole scoperta di sé e del disordine del mondo in cui agisce. Per questo Uccelli d’America si presenta come un romanzo classico, per lo straordinario equilibrio con cui vi sono amalgamati analisi psicologica e commento politico, avventura personale e discussione sociale, costruzione mitica del proprio ruolo cui il personaggio tende e demistificazione permanente che viene operata dagli altri, con cui deve confrontarsi. Ma alla fine il lettore si renderà conto che l’eccesso di idealismo con cui il ragazzo Levi, questo candido Candide di Mary McCarthy, si muove tanto disinvoltamente nei luoghi umani che attraversa, è sempre e consapevolmente ribadito in funzione d’un momento storico di implosione dei valori tradizionali della società americana che l’autrice ha voluto mettere a fuoco.
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